The Haptyc Eye

The Haptyc Eye

A cura di Mark Gisbourne 

La Galleria Allegra Ravizza, in collaborazione con Diehl Gallery, è lieta di annunciare la mostra “The Haptic Eye” curata da Mark Gisbourne, esposizione fisica di un percorso presentato in contemporanea virtualmente sulla piattaforma Art-Circle e alla fiera di Londra, Frieze 2020. 

Doppia esposizione a Lugano e Milano, il 14 ottobre 2020 inaugura “The Haptic Eye”, collettiva degli artisti:

Charles Chamot 
Birgit Dieker
Ritzi & Peter Jacobi
Klara Birò Jecza
Jolanta Owidzka
Günter Weseler
Magda (Vitalyos) Ziman

La mostra vuole approfondire e ampliare la ricerca sulla percezione visiva e tattile che proviamo di fronte a forme, colori e materiali permettendoci di comprendere come le esperienze estetiche derivino da un profondo legame tra l’occhio, il nostro cervello e il nostro corpo.

Con le Avanguardie degli anni ‘50, diviene centrale lo studio dei nuovi materiali perché necessari a quello che fu il grande cambiamento ideologico e concettuale dell’arte contemporanea, dai materiali industriali, ai motori e alla luce artificiale, che prima non rientravano nell’uso artistico, irrompono ora nell’opera d’arte. Ogni materiale, grazie alle sue diversità, possiede delle potenzialità specifiche che noi percepiamo in base alle nostre sensazioni e al nostro vissuto. La ricerca stessa sulla luce sfocia in un automatismo metodico sulla materia. I tessuti, la lana, il pelo naturale, grazie alle loro caratteristiche intrinseche, reagiscono diversamente alla luce, modificandosi e trasformandosi.

A partire dagli anni ’50, le fibre abbandonano il legame con l’artigianalità per entrare di diritto nel mondo dell’Arte in forme svariate. Acquisiscono tridimensionalità, permettendo all’opera d’arte di arricchirsi di una serie di qualità sensoriali prima impossibili da essere percepite. 

La morbidezza, l’elasticità, la sofficità, sono solo rappresentati nei panneggi e nei tessuti della storia dell’Arte, come in Cosimo Tura, Tiziano e Tiepolo dove, quasi come in un’idea platonica, diventano reali nella loro essenza attraverso la rappresentazione/idea fatta di colore e del nostro ricordo emozionale.

I tessuti, le fibre, le corde, permettono a questi artisti di creare nuove strutture tramite annodatura, attorcigliamento, intreccio, avvolgimento, pieghettatura, ancoraggio e intreccio. Hanno esplorato le qualità del tessuto per sviluppare opere che potevano essere bidimensionali o tridimensionali, piatte o volumetriche, di qualsiasi forma e dimensione, non oggettive o figurative. 

Questi artisti affrontano a volte la sfida del messaggio o del significato dell’opera d’arte che viene accompagnato dallo studio dei materiali e utilizzati creando un legame indissolubile con il materiale stesso. Tali opere minano le idee tradizionali, mostrando come il percorso artistico legato all’evoluzione tecnica e la scoperta dei nuovi materiali è in continua evoluzione nonostante i tessuti affondino le loro radici in una storia millenaria.

BIOGRAFIE

Charles Chamot, nato nel 1951 a Lima, Perù, è un affermato pittore, designer, grafico e gallerista americano. Chamot crea opere astratte e realistiche, che riflettono la sua passione per la forma, il colore, il contesto sociale e il fascino verso la capacità dell’arte di riflettersi nelle relazioni, nell’esperienza e nella memoria. Inizialmente l’artista si ispira agli anni Settanta, elaborando un’arte che unisce elementi propri del Concettualismo insieme ad altre considerazioni formali, generando lavori criptici e sperimentali. La pittura figurative inizia a riacquistare importanza per la prima volta dagli anni del declino dell’Espressionismo Astratto. Numerosi suoi dipinti, stampe arazzi sono presenti in collezioni pubbliche e private in tutto il mondo. 

Birgit Dieker nasce a Gescher, in Germania, nel 1969, ora vive e lavora a Berlino. Fortemente influenzata dai cambiamenti turbolenti degli anni Ottanta, caratterizzati da un crescente capitalismo globale, dalla nascita dei mass media, dalle forti discrepanze sociali ed economiche, realizza opere scultoree potentemente abiette che sfidano il modo in cui l’identità femminile è stata imposta da un patriarcato storicamente dominante. Andando oltre la tradizione estetica legata al nudo femminile e alle soppressioni del desiderio femminile da parte delle convenzioni sociali, Dieker stratifica e taglia abiti usati per esplorare corpi che assumono forme singolari e frammentate. Le sue opere chiedono di andare oltre al corpo oggettivato della donna rendendosi libero in un corpo nuovo, totalmente inventato, alla ricerca di un sé nascosto sotto strati di esperienze, storie e vite personali.

Peter (Ploiesti, 1935) e Ritzi (Bucarest, 1941) Jacobi si conobbero durante gli anni di studio presso l’Accademia d’Arte di Bucarest, dove appresero rispettivamente l’arte tessile e della scultura. Sposatisi nel 1966, Peter e Ritzi Jacobi collaborano insieme fino agli inizi degli anni Ottanta specializzandosi in particolar modo nella creazione di opere di Fiber Art. Utilizzando fibre di cotone, di cocco e peli di animali, creano degli arazzi in rilievo dalle forme scultoree ispirate alla tradizione artigianale rumena, ai suoi tessuti, alle coperte finemente tessute, alle bandiere e ai ricami religiosi medievali.  Anni Albers ha individuato nei loro tessuti una particolare tattilità derivante dalla loro capacità di mostrare all’occhio dello spettatore la composizione del materiale, la sua materialità e pesantezza. Gli artisti infatti riescono ad esaltare l’effetto del tessuto spesso aggiungendo un contrasto dato dall’utilizzo della carta e accostando alle superfici tessili elementi non tradizionali come scatole, spesse corde e pezzi di legno.
Klarà Birò Jecza muore il 10 ottobre 2011.

Klarà Birò Jecza nasce in Romania il 21 ottobre 1937. I temi dei suoi arazzi sono tratti dal mondo vegetale della frutta e nascono dalla preoccupazione dell’artista di superare il puro decorativismo della forma, la sua funzione strettamente ornamentale, e donare un valore aggiunto attraverso significati spirituali e implicazioni plastiche. La gamma di colori utilizzata è austera, il bianco, il nero, i colori della terra, toni tenui. Questa severità cromatica, ascetica potremmo dire, comunica con la tecnica di tessitura conferendo alle forme piatte una voluta levigatezza.
La sua arte diventa fisica dei suoi stati d’animo, in bilico tra un costruttivismo razionale ed equilibrati principi estetici. I grandi arazzi di Jecza testimoniano un attaccamento ai valori della creazione popolare, preservando i colori naturali della lana – spiccata predilezione dell’artista – e l’evoluzione del disegno verso una certa geometria e forte stilizzazione. 

Jolanta Owidzka è nata a Radom in Polonia nel 1927, ha studiato alla State Higher School of Fine Arts di Cracovia proseguendo poi gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Varsavia, frequentando i corsi della Facoltà di Tessile. Il tessuto unico rimane l’area principale del lavoro di Owidzka. La sua produzione comprende tappeti annodati, caratterizzati da un disegno irregolare e profondità di colore, ottenute grazie all’utilizzo di molte e differenti tonalità. L’artista crea i suoi tappeti kilim secondo le regole della pittura astratta, rinunciando alla composizione assiale e disponendo macchie di colore secondo la griglia della divisione grafica e arricchendole con striature dello stesso colore di diversa intensità. Utilizza principalmente lana di pecora, non solo per i tappeti e per le moquette, ma anche per tessuti jacquard, abbinati a lino. La prima mostra personale dell’artista ha avuto luogo nel 1960 a Zachęta, Polonia, ed è considerata un momento di svolta per l’arte del tessuto nel panorama dell’arte contemporanea polacca. Con Owidzka il tessuto ha oltrepassato i confini dell’artigianato artistico ed è diventato una vera e propria arte nel contemporaneo. Oltre ad aver esposto in numerose Biennali di Losanna (Fiber Art), ha partecipato a importanti eventi e mostre internazionali, tra cui la prestigiosa mostra Wall Hangings al Museum of Modern Art di New York (1968–1969). In totale, l’artista ha oltre cinquanta tessuti monumentali creati nel periodo 1964-2005 per edifici pubblici – teatri, filarmoniche, hotel, banche e uffici. Jolanta Owidzka è morta a Varsavia il 25 marzo 2020.

Günter Weseler nasce ad Allenstein, in Polonia, il 2 marzo 1930. Dopo aver conseguito il Diploma in Architettura, a partire dal 1958 lavora come pittore e scultore autodidatta. Nel 1960 presenta la sua prima personale presso la Galleria Utermann di Dortmund (Germania).
Nel 1964 crea il primo “Atemmusiken” (musiche di respiro), dando inizio a una serie di lavori basati sul fenomeno del respiro convertito in musica. A causa di una malattia alla gola che gli rende difficoltoso respirare, Weseler nei suoi lavori eleva il respiro ad elemento artistico, esprimendo una sensibilità quasi nevrotica verso questo. Convinto che sia possibile controllare artificialmente tutti i processi organici del corpo tramite l’utilizzo di sostanze chimiche e droghe, l’artista le sperimenta su se stesso con l’intento di colmare le sue imperfezioni a piacimento. Da queste ricerche nascono gli “Atemobjeckte” (oggetti respiranti) creati con pellicce e una macchina meccanica che riproduce il movimento e il suono della respirazione. Alla fine degli anni Settanta Weseler combina gli “Atemobjekt” con uno specchio, realizzando i suoi “Spiegelobjekte”: l’oggetto respirante semisferico diventa una sfera intera per mezzo dello specchio. Negli anni Ottanta il suo lavoro è caratterizzato dall’elemento spirituale e attinge ai rituali e alle figure del Mandala, cerchi magici rituali simboli di unità. Tra il 1989 e il 1993 è ospite in qualità di Professore presso la Hochschule di Amburgo. Agli anni Novanta risalgono i primi “Moosobjekt” (oggetti con il muschio) e gli “Oggetti-Specchio” in cui l’elemento concreto e virtuale interagiscono.  

Magda Vitalyos Ziman, di origine ungherese, nasce nel 1942 in Romania, docente e artista, è nota per i suoi arazzi e tappeti. A partire dal 1990 è stata a capo del dipartimento tessile presso la Facoltà di Belle Arti dell’Università Occidentale di Timisoara e temporaneamente vicepreside della facoltà di design dell’Università privata Tibiscus, dando vita a una “scuola” di arte tessile rumena. Oltre alle tradizionali tecniche di tessitura della tappezzeria, ha coltivato i processi creativi e i generi dell’arte tessile moderna con grande zelo e abilità. Le sue opere indagano l’impegno materiale, lo spazio, la luce e il colore attraverso un uso altamente personale di forme organiche astratte fatte di tessuti. Il fascino della Ziman per i materiali naturali come la lana, e la creazione di arazzi-oggetti bi o tridimensionali, fanno a tutti gli effetti parte di una nuova visione della soft sculpure. Muore nel 2003.

Galleria Allegra Ravizza
Piazza Cioccaro 7 6900 Lugano, CH
dal lunedì al venerdì dalle 11.00 alle 18.00
sabato su appuntamento
Tel: +41 (0)91 2243187
art@allegraravizza.com
www.allegraravizza.com